L’importanza del Castello

Quello di Serravalle è il terzo castello per importanza nel territorio del canton Ticino, dopo il complesso fortificato di Bellinzona e la fortificazione viscontea di Locarno.

Nonostante la sua importanza il sito di Serravalle non è però mai stato indagato, se non molto parzialmente e in modo ascientifico fino al 2002 (vd. paragrafi successivi).

Dal punto di vista delle fonti scritte, la prima fonte che menziona, anche se indirettamente, il sito è un atto del 948, in cui il vescovo Attone di Vercelli cede i suoi possedimenti in val Leventina e in val di Blenio ai canonici del Duomo di Milano, tra cui verosimilmente anche il castello di Serravalle.

Un secondo documento, datato 1224, è costituito dalla testimonianza di Alcherio da Torre, secondo il quale Federico I Barbarossa nel 1176, sulla strada verso l’Italia del nord, si fermò a Serravalle, dove soggiornò 4 giorni e gli affidò il primo castello, dopodiché raggiunse con il suo esercito la Lombardia e lo stesso anno fu sconfitto a Legnano dalla Lega Lombarda. Oggi sappiamo, sulla base di quanto emerso dalle indagini archeologiche, che Alcherio da Torre nella sua testimonianza faceva riferimento al primo castello, quello precedente l’attuale, ancora visibile.

Questo primo castello fu quindi distrutto dai Milanesi dopo il 1176.

Anche per la valle di Blenio la fine del XII. secolo è un periodo movimentato, che la porterà ad unirsi nel 1182 alla Leventina con il Patto di Torre, sostenuto da Milano, in cui le due valli suggellano il sostegno reciproco e si oppongono alla costruzione di nuovi castelli.

Verso il 1230-40 i Milanesi costruirono un nuovo castello, il secondo, più ampio del primo, che affidarono dapprima alla potente famiglia degli Orelli di Locarno (dal 1235), poi ai Visconti di Oleggio (dal 1340) e infine ai Pepoli di Bologna.

Dopo almeno 4 fasi di ampliamenti architettonici, il castello fu definitivamente distrutto, verosimilmente dall’esercito di Alberto di Sacco, signore della Mesolcina, nel 1402. La leggenda popolare secondo la quale Taddeo de Pepoli venne catturato ed ucciso non trova alcun riscontro né nelle fonti scritte né nelle evidenze archeologiche.

 

La chiesetta di S. Maria del Castello attualmente visibile, la cui facciata ovest è inserita nelle mura di cinta del cortile esterno,  non subì la furia distruttrice del 1402 e continuò ad essere utilizzata anche come sede di tribunale, come testimoniano il porticato con sedute che copre l’entrata, al di sopra della quale vi è rappresentata la Giustizia. Sulla facciata est dell’edificio, un affresco raffigura San Cristoforo, protettore dei viandanti,  che passavano non lontano lungo la strada principale che attraversava l’odierna località di Malvaglia e che portava al passo del Lucomagno.

All’interno della chiesetta, i preziosi affreschi del coro, dipinti da Giovanni Battista Tarilli nel 1587.